venerdì 14 febbraio 2014

Sparuti

Un giovedì sera dalle strade sgombre. La nostra macchina bianca fila sinuosa nella velocità. P. tace, raggrumato; forse per il governo Letta (per la prima volta, dice, voterà centrodestra. Non lo farà, io lo so, perdonerà quella che vede come un'opprimente scorrettezza, non me lo dice, ce lo ha nelle mani serrate sul volante. Lui ci crede davvero che questo paese sia anche il suo. Io rimango étrangère.)

Il ponte. Monte Mario fascia come una cintura scura la notte, dolce e chiara e senza vento. Un pezzo di luna traluce. Mi dice che T. cerca persone per aprire una rivista online perché facciano quello che lui non avrà il tempo di fare. Mi dice, « Ma quale vuoto va a coprire, questa rivista? Che bisogno c'è? Mah. Nessuno lo leggerà. »
P. non lo sa che io fuggo gli occhi verso il cuppolone, a destra, perché penso: ma questo posto qui, che vuoto va a coprire? Non lo sa perché anzitutto non mi vede, concentrato com'è a guardare la strada oltre il parabrezza coperto dallo strato di unto catrame rilasciato dalle sue Burton.

Il narratore come vuoto centrifugo, ecco cosa vado a coprire. Una centrifuga centripeta, doppia spirale.
E la labirintite che mi ha presa stanotte e non mi lascia, pericoloso mostro cunicolare e oscuro: quando arriverà Asterione a salvarmi?

Nessuno lo leggerà.

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