lunedì 24 febbraio 2014

Non sto andando a dare l'esame

Ognuno percepisce la complessità del reale secondo le proprie capacità. Il simbolo racchiude quella Verità, emana il mistero. Per questo è possibile esprimersi simbolicamente e rimanere comprensibile; scorciatoie per la realtà tutta, per gli strati tutti della realtà stessa. Ogni autore sa di dover offrire quest'ondeggiamento di possibili letture al suo lettore. Le menzogne dei poeti sono al servizio della verità e la soddisfano.


Vezzi o immagini, è il materiale dei sogni: concreto quanto la realtà, plastico, fisico, sensibile quanto il legno sotto le palme. Un nuovo addio s'annuncia.

Dovrei fare il pane.
Some of these days..

venerdì 14 febbraio 2014

Sparuti

Un giovedì sera dalle strade sgombre. La nostra macchina bianca fila sinuosa nella velocità. P. tace, raggrumato; forse per il governo Letta (per la prima volta, dice, voterà centrodestra. Non lo farà, io lo so, perdonerà quella che vede come un'opprimente scorrettezza, non me lo dice, ce lo ha nelle mani serrate sul volante. Lui ci crede davvero che questo paese sia anche il suo. Io rimango étrangère.)

Il ponte. Monte Mario fascia come una cintura scura la notte, dolce e chiara e senza vento. Un pezzo di luna traluce. Mi dice che T. cerca persone per aprire una rivista online perché facciano quello che lui non avrà il tempo di fare. Mi dice, « Ma quale vuoto va a coprire, questa rivista? Che bisogno c'è? Mah. Nessuno lo leggerà. »
P. non lo sa che io fuggo gli occhi verso il cuppolone, a destra, perché penso: ma questo posto qui, che vuoto va a coprire? Non lo sa perché anzitutto non mi vede, concentrato com'è a guardare la strada oltre il parabrezza coperto dallo strato di unto catrame rilasciato dalle sue Burton.

Il narratore come vuoto centrifugo, ecco cosa vado a coprire. Una centrifuga centripeta, doppia spirale.
E la labirintite che mi ha presa stanotte e non mi lascia, pericoloso mostro cunicolare e oscuro: quando arriverà Asterione a salvarmi?

Nessuno lo leggerà.

mercoledì 12 febbraio 2014

Gap culturale

Piove.
È la prima cosa che senti quando la coscienza torna dopo i vagabondaggi notturni: dietro la finestra serrata, dietro la serranda abbassata, dietro la grata del balcone, dietro la zanzariera, piove. Iniziare la giornata imprecando non è la migliore delle soluzioni ma Roma è stata costruita progressivamente da qualcuno (più di uno) che credeva che a Roma non piovesse mai.
Quando a Roma piove, ad esempio, il 410 non passa. Alcuni autobus si liquefanno. In alcuni piove più che all'esterno. Inaffidabili i mezzi, i dotati di automobile si mettono alla guida: solo per scoprire che oh, a Roma non piove mai, con la pioggia non so guidare. Panico.
A Roma avremmo maggiore facilità con l'invasione di rane nel Tevere, o con le zanzare, sì, ci lamenteremmo un sacco ma in fin dei conti - o con le mosche; per la moria di bestiame che ci frega, non ce n'è di bestiame a Roma, la peste sarebbe persino più semplice della pioggia, le cavallette e le tenebre, come la scenografica trasformazione dei corsi d'acqua in sangue: insomma, basta che non piova.
(la grandine, ecco, forse la grandine ci manderebbe nello stesso panico)

Io attendo l'autobus come se il tempo non avesse più valore, ombrello in una mano e Flaubert nell'altra e ogni tanto alzo gli occhi, faccio solo questo gesto lieve, sono invisibile come l'aggiornamento-in-tempo-reale che, con la pioggia, non funziona. Intorno a me, l'inferno.
Deficienti.
(la manifestazione di superiorità superficiale aiuta a preservare la calma in situazioni di presunta calamità, anche ove la calamità non ci sia ma tutti stiano pensando di essere a Pompei nel 79 d.C.)

Arrivi dove devi arrivare avendo fatto i tre trasbordi. Fai quello che devi fare per diverse ore - mettiamo pure siano otto. Poi devi arrivare, mettiamo, da Nomentana a Trastevere.
Prendi il coraggio sotto braccio, l'ombrello nell'altro, Flaubert sempre complice e di sostegno contro tutti e t'incammini.

C'è una cosa.
Al di là che la calca negli autobus quando siamo tutti bagnaticci e con gli ombrelli sgocciolosi è fastidioso, è non-mi-toccare, ma insomma siamo tutti nella stessa guazza. Al di là di questo: i posti reclinabili sono reclinabili e non fissi perché quando c'è calca ti devi alzare.
TE DEVI ALZÀ.

Al romano, in quando percorritore del suolo di Roma, questo non è chiaro. Al parigino lo è.
Non è evidente che magari, c'è calca, tu sei seduto esattamente-sulla-porta e nessuno riesce a passarci, non è evidente che ARZETE. È un vuoto culturale che non riesco a comprendere. È intuibile a pelle. È una necessità, non si tratta di buona educazione, si tratta di considerare che costa ti sta accadendo attorno.

A questo punto, nasce il dilemma.
Glielo dico o non glielo dico?

domenica 2 febbraio 2014

Nostalgia

ossia il sentimento del ritorno impossibile.

Ripenso al viaggio perfetto, perché non era una vacanza e non era una fuga.
Ora B. parte per fare ricerca tesi in un laboratorio in teutonia. Non è tanto l'aver passato quasi dieci anni insieme, sui banchi del liceo, nei boschi e sui monti d'Italia, non le nostre settimane di solitudine al mare o Londra, o Parigi.

A intermittenza torna il vuoto di Creta, la non-aspettativa. Il viaggio vuoto. Senza uno scopo, senza un posto letto. Una guida, lo zaino, i documenti. Il cane che ci accoglie al porto, quando l'alba ancora non accarezza la terra e il fast food enorme è chiuso.
B. è una parte non-evenemenziale di vita. Sarà per questo che torna Creta - dove lei non c'era. Con B. non succede niente, con B. è. Semplicemente. Essenzialmente.

Il mare blu di Creta. La terra rossa. I pavoni di Knossos.
Ci sono sempre stati, come gli olivi, come quel sole. Come i monti corrosi dal tempo, come le capre e le pecore.
C'è sempre stata, per niente, per caso, perché c'eravamo e ci siamo state e ci saremo. Io a Roma, lei ad Heidelberg. È di nuovo il canto dell'addio, come un settembre lontano quasi quattro anni, in cui un silenzio di gioco di ruoli doveva tenerci separate nello stesso posto per quattro mesi.

Creta è così, senza cercare pretesti, povera e quieta, con i briganti che ancora sparano sui monti e la città che accudisce i randagi - come in Cile, ancora oggi. Briciole di nomadismo in occhi fedeli ad una comunità.
B. è così, ricca e quieta, gelida come il mare invernale. Ci salutiamo senza un abbraccio, una sera, dopo il tramonto. Io immobile, lei s'allontana, e la costa cretese, le luci del molo tremolanti, nell'assordante silenzio dei motori del traghetto.
È stato il viaggio perfetto - ora lo so - perché non cercava altro che il viaggio stesso. Travel for travel's sake - friendship for friendship's sake.


C'è solo un vaso di gerani, dove si ferma il treno.