lunedì 16 dicembre 2013

Difficile difficile lunedì

Detesto le prose autobiografiche con scadenza diaristica. Oh sì, il brivido del "quali semi di oggi daranno frutto domani?", l'inconsapevolezza di questo futuro, la miopia del vicino passato,
no, grazie.

Very well then, I do contradict myself. 
I am large, I contain multitudes.

Oltre ad essere il folgorante exergue delle conclusioni della mia tesi, questa brillante affermazione di zio Walt mi rimane molto vera. Quindi, oggi, l'alba che non è ancora sorta e io mi alzo per lottare contro le quattro ore di sciopero dell'atac. Brindisi di leggerezza per la laurea di L, benissimo. Sessanta pagine piacevoli(ne) della vita di Vittorino (Alfieri), si poteva far meglio, ma comunque bene. Leggo uno splendido articolo sullo scoutismo, esplosione di vita, davvero, grazie Roberto Cociancich (il tuo cognome è abbastanza bello da suggerire che io debba già conoscerlo ma non è così, mi perdonerai fratello scout); e, dopo confortanti notizie dal fronte Pignegne.. BAM ! L'Automate.

L'Automate (fr. per automa) è presente nella Letteratura dell'ultimo secolo con scadenza puntuale.

« J'ai diné chez Céleste. J'avais déjà commencé à manger lorsqu'il est entré une bizarre petite femme qui m'a demandé si elle pouvait s'asseoir à ma table. Naturellement, elle le pouvait. Elle avait des gestes saccadés et des yeux brillants dans une petite figure de pomme. Elle s'est débarrassée de sa jaquette, s'est assise et a consulté fiévreusement la carte. Elle a appelé Céleste et a commandé immédiatement tous ses plats d'une voix à la fois précise et précipitée. En attendant les hors-d'œuvre, elle a ouvert son sac, en a sorti un petit carré de papier et un crayon, a fait d'avance l'addition, puis a tiré d'un gousset, augmentée du pourboire, la somme exacte qu'elle a placée devant elle. À ce moment, on lui a apporté des hors-d'œuvre qu'elle a engloutis à toute vitesse. En attendant le plat suivant, elle a encore sorti de son sac un crayon bleu et un magazine qui donnait les programmes radiophoniques de la semaine. Avec beaucoup de soin, elle a coché une à une presque toutes les émissions. Comme le magazine avait une douzaine de pages, elle a continué ce travail méticuleusement pendant tout le repas. J'avais déjà fini qu'elle cochait encore avec la même application. Puis elle s'est levée, a remis sa jaquette avec les mêmes gestes précis d'automate et elle est partie. Comme je n'avais rien à faire, je suis sorti aussi et je l'ai suivie un moment. Elle s'était placée sur la bordure du trottoir et avec une vitesse et une sûreté incroyables, elle suivait son chemin sans dévier et sans se retourner. J'ai fini par la perdre de vue et par revenir sur mes pas. J'ai pensé qu'elle était bizarre, mais je l'ai oubliée assez vite. »
[A. Camus, L'étranger, 1942; in questa ed. Gallimard, 2010, pp. 60-71]

Bon, io amo tanto L'étranger. Potevo citarne altri, cito questo perché gli voglio davvero bene: Meursault, quello che "cela m'était égal", per intenderci, quello di "ça ne voulait rien dire", ecco, lui, l'estraneo, lo straniato, l'indifferente, si alza e segue quella piccola donna tutta consequenziale. Io sono con lui, voi se preferite rimanete da Céleste - brava persona, davvero.
Io e Meursault, ci incuriosisce l'automatismo. Lo perdi di vista; quello poi ritorna: "J'ai reconnu à côté de lui la petite bonne femme du restaurant avec sa jaquette et son air précis et décidé." (131) - attenzione agli aggettivi - "Je sentais les regards du plus jeune d'entre eux et de la petite automate." (133)
Arriva quello sguardo che sei già sotto giudizio. In società, nella socialità, siamo per lo più sotto giudizio, nulla di cui meravigliarsi. Io, che di Meursault mi fido, la posso anche considerare bonne, la p'tite automate: non per forza mi ricambierà il favore. Le persone si giudicano dagli atti, mi dicono: ebbene, la parole è un atto irripetibile ed individuale, mi dice il caro Ferdinand. Succede che nel mio personale processo (non sono K. anche io, e per di più doppiamente?) quello sguardo diventi atto di giudizio. Proveniente da un insieme di matura delusione, cicatrizzata amarezza e autoimposta freddezza.
Accetto che mi si proponga la concentrazione su una determinata attività per dimenticare i miei problemi; non comprendo che la mia mancata esecuzione del consiglio postumo diventi assioma di Verità e Legge secondo cui vengo giudicata e condannata.

« Tout ce qui s'est passé autour d'eux a commencé et s'est achevé hors de leur vue ; de longues formes obscures, des événements qui venaient de loin les ont frôlés rapidement et, quand ils ont voulu regarder, tout était fini déjà. Et puis, vers les quarante ans, ils baptisent leurs petites obstinations et quelques proverbes au nom d'expérience, ils commencent à faire les distributeurs automatiques: deux sous dans la fente de gauche et voilà des anecdotes enveloppées de papier d'argent; deux sous dans la fente de droite et l'on reçoit de précieux conseils qui collent aux dents comme des caramels mous. »
[J.-P. Sartre, La nausée, 1938; Gallimard, 2011, p. 103]

Non è una questione d'età, mio caro Antoin. C'è chi lo fa già a vent'anni, ma Roquentin non li ha avuti, vent'anni, e quindi non posso fargliene una colpa. Anche a vent'anni è questione di borghesia. Non per forza, non per forza. A quaranta o sono tutti borghesi o forse la borghesia è tanto più uno stato d'animo che un conto in banca. A me questa roba mi si incolla ai denti e farfuglio disarticolatezze con sguardo implorante.
Perché non c'è bisogno di fare l'adulto disilluso.
"Aspettative minori portano una maggiore felicità"; non confondiamo aspettativa e sogno, non confondiamo aspettativa sogno e speranza, non confondiamo ancora con imboccarsi le maniche dell'anima e stringere i pugni e le labbra, perché io quella caramella non penso proprio di farmela passare tra i denti.

Sono stufa di guardare le cose procedere per la regola "tutto cambia affinché nulla cambi" (tanto per aggiungere anche Tomasi Lampedusa), di vedere la fascia attiva di popolazione lavorare nella disillusione, nel distacco di sé rispetto agli altri, alle situazioni, agli impegni; di fare con coscienza solo quanto il ministero segnala; di livellazioni populiste e pauperizzazioni all'insegna del tanto-a che-pro. Di sentirmi dire, con la lucidità del presente: "Ma davvero? Ma che t'aspettavi?" da chi, tra l'altro, siede alla tavola rotonda dei piani di comando da quindici anni buoni. Ma i giovani non vanno mica meglio. I trentenni pare che non siano sopravvissuti agli anni '90. (nota1: è possibile che io conosca solo quelli depressi) Esperti di esperienza consolidata, non domandano più al reale nuovi metodi di approccio, né ai loro sogni, né alle loro speranze. Il passato ha già decretato.

Io guardo a loro come al mio futuro, perché se non finirò tra cinque anni sotto ad un ponte condivideremo ancora un bon bout de route insieme (diciamo un cinque lustri); e dico: eh no, proprio no. Non credo proprio. Forse non è chiaro che io non mi aspetto. Io pretendo.
Dopodiché non mi si caga nessuno, faccine grigie, vago senso di colpa negli occhietti, ritorno sui propri passi ("Altrove non ti saresti trovata meglio, uh", "Rispetto al circondario non facciamo proprio così schifo.."), quindi godi fanciulla mia! Poteva andar peggio.
All'andare meglio non si guarda che scuotendo il capo.

Io non credo che la distanza tra le persone aiuti a vivere. Non credo che sovrapporre se stessi agli amici, privandoli di libertà, aiuti a vivere. Non credo che estendere la delusione sopra una fugace gioja aiuti ad apprezzare ogni istante presente. Non credo che il presente sia fatto solo di immobilità. Credo che le abitudini vengano dal passato e che cancellino la creatività dal futuro. Credo che il futuro vada costruito nel presente. Credo che l'amicizia sia amicizia e che sia gratuita - e proprio questa accuratamente scelta. Credo che tu valga molto più di me. Credo che si possa essere adulti senza essere guardati con la tenerezza riservata a Peter Pan: "La nostra utopista", mi è stato detto. Credo altresì che lo studio sia costituivo, non un divertissement ai problemi. Credo che la letteratura sia costitutiva, non un divertissement da isolati. Credo che l'uomo sia uomo tra gli uomini, non una bestia feroce che azzanna mentre si guarda le spalle. Credo che questo pezzo vada ascoltato meglio.


Credo che la torre d'avorio debba diventare un carrozzone di fiera, errante.
Credo di poter cercare di essere un adulto felice e arrivare sul mio letto di morte avendo speranza per il futuro. Insieme.

Non maledire questo nostro tempo
Non invidiare chi nascerà domani,
chi potrà vivere in un mondo felice
senza sporcarsi l'anima e le mani.

Noi siam vissuti come abbiam voluto
negli anni oscuri senza libertà.
Siamo passati tra le forche e i cannoni
chiudendo gli occhi e il cuore alla pietà.

Ma anche dopo il più duro degli inverni
ritorna sempre la dolce primavera,
la nuova vita che comincia stamattina,
di queste mani sporche a una bandiera.

Non siamo più né carne da cannone
né voci vuote che dicono di sì.
A chi è caduto per la strada noi giuriamo
pei loro figli non sarà così.

Vogliamo un mondo fatto per la gente
di cui ciascuno possa dire "è mio",
dove sia bello lavorare e far l'amore,
dove il morire sia volontà di Dio.

Vogliamo un mondo senza patrie in armi,
senza confini tracciati coi coltelli.
L'uomo ha due patrie, una è la sua casa,
e l'altro è il mondo, e tutti siam fratelli.

Vogliamo un mondo senza ingiusti sprechi,
quando c'è ancora chi di fame muore.
Vogliamo un mondo in cui chi ruba va in galera,
anche se ruba in nome del Signore.

Vogliamo un mondo senza più crociate
contro chi vive come più gli piace.
Vogliamo un mondo in cui chi uccide è un assassino,
anche se uccide in nome della pace.

Non più con i fucili sui monti, ma con libri e parole aguzze nei corridoi dell'Accademia. Arriverà il nostro 25 aprile, senza aver sparso sangue, senza aver sparato, ma avendo coltivato dei semi rari?

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